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Dall'alto:

fonderia Ilva, Piombino, anni Venti;

colata di acciaio presso lo Stabilimento Fonderie ed Acciaierie Ansaldo di Cornigliano Ligure (Genova), 1916.
Particolare di un impianto di macchine soffianti per gli altiforni dell'Ilva negli anni Trenta.
Trancia e pressa della Fiat Lingotto di Torino nel 1935. I pezzi in lavorazione sono destinati al Camion Fiat "634/N".
Reparto fonderia della Franchi Gregorini di Brescia in un'immagine del gennaio 1919.
La siderurgia italiana è caratterizzata da un dualismo tecnologico di lunga data: da un lato la siderurgia a forno elettrico, che si ricollega a processi produttivi storicamente consolidati nelle valli alpine, dall'altro la siderurgia a ciclo integrale, dalla materia prima al prodotto finito, con grandi impianti che sfruttano le economie di scala ma scontano una forte rigidità.
La siderurgia moderna si affermò lentamente in Italia: a fine  Ottocento  vi erano
solo due forni Bessemer (a Terni) ed una quarantina di forni Martin Siemens (tecnologicamente meno impegnativi). Si tratta di tecnologie che presuppongono la conoscenza tecnico-scientifica delle caratteristiche fisiche e
chimiche dei materiali utilizzati.
Agli inizi del Novecento il minerale di ferro dell'isola d'Elba cominciò ad essere impiegato per la produzione di ghisa negli altiforni di
Portoferraio
e Piombino.
Da allora i grandi impianti siderurgici che lavoravano il minerale, importato dall'estero come il carbone, furono localizzati sulla costa (Cornigliano, Bagnoli, Taranto).